PROSA

TESI
LA BAMBINA DAI CAPELLI ROSSI CALURA
L'AMNESIA
SEGUENDO LA SCOMPOSTA ONDA DEL PENSIERO
A QUALSIASI COSTO
LA MELA TAGLIATA A META’
DEDICATO

POESIE

 

 

SEGUENDO LA SCOMPOSTA ONDA DEL PENSIERO

 Osservavo i tuoi capelli asciugarsi al sole: pettinati all’indietro e tesi dall’umidità, stentavo a riconoscerli. Lucidi e grossi se ne stavano sdraiati sul tuo capo, separati in mille sottili strisce parallele, emanando un odore inconfondibile.
 Li fissavo curiosa esprimere l’insolita forma, cercando d’intuire l’attimo in cui, evaporata l’acqua, si sarebbero ritirati verso le radici per ricomporsi alla loro naturale ondulazione.
 Piccole e profonde onde parallele si sarebbero lasciate alle spalle la spaziosa fronte incisa da righe di pensiero per gonfiarsi, al sommo del capo, con ritmo cadenzato e crescente, fino a creare sulla nuca un mare scomposto ed impetuoso.
 Se il bambino aveva un po’ paura dell’acqua,

non per questo se ne stava  a pochi passi dalla riva.
 Gli avevo chiesto di aspettarmi mentre combattevo, a bracciate prepotenti, il mare che si scagliava ostinato verso riva, portandosi dietro il verde della sua rabbia improvvisa e sbattendo sgarbato sugli scogli.
 Le sue gambe sottili ed un po’ rachitiche si chiudevano a morsa sulle mani congiunte all’altezza  delle magre cosce, mentre le spalle reclinate, per questa posizione delle braccia, seguivano il brivido d’emozione contraendosi ogni volta che un cavallone, partito da un punto imprecisato dell’acqua e perdendo verso riva il senso della furia, si buttava a peso morto sul bambino, che a bocca larga, stava ancora gridando:-
” Arriva l’onda… arriva l’onda…!”-
 Strizzati gli occhi e sputando bava salata, muoveva poi le mani con gesto veloce, come a voler cancellare dal viso lo schiaffo dell’acqua: dalle guance, dalla bocca e dagli occhi che voleva liberi di seguire il mio percorso.
 Ma io, oramai vinta da quella forza che ad ogni bracciata mi riportava verso  la terra dalla quale mi ostinavo a staccarmi, mi ero ad un tratto voltata verso di lui. E prima di sentirmi  sommergere dall’onda infida che montava alle spalle, sollevai con fatica un braccio a mano aperta e feci in tempo a vederlo rispondere al saluto, col braccio teso, a mano aperta.  La bambina lo ritrasse quasi subito,

con gesto di sconforto. Nessuno aveva risposto al suo richiamo, dall’altro marciapiedi. Appoggiandosi ora su di un piede ora sull’altro in un composto dondolio, cercava di scansare alla visuale gli ostacoli mobili delle vetture che si spostavano a scatti prima del semaforo, all’ora di punta.
 Continuando con ossessione la sua danza primitiva, scrutava con sottile attenzione ogni movimento potesse suggerirle in qualche modo, una presenza conosciuta al di là di quella massiccia barriera.
 Ma gli occhi fino ad allora fiduciosi, ben presto si appannarono ad ogni aspettativa delusa, pur rianimandosi con rinnovata speranza, alla conseguente attesa.
  Un’altalena. Sì, un’altalena di sentimenti che si muoveva  con l’ostinazione di un pendolo. La carica però, se c’era, avrebbe potuto esaurirsi da un momento all’altro trasformandosi in profondo sconforto se  in quell’istante, finalmente, una mano aperta su di un braccio teso, non avesse risposto al richiamo dal lato opposto della strada, oramai libera.
 Chetata l’ansia, la bambina saltò a piè pari alcune volte sullo stesso punto del marciapiedi per rafforzare e sottolineare la gioia che a quella figurazione, ne era scaturita; quindi, col volto ora illuminato, si allontanò saltellando mentre dietro di lei  il cordone ombelicale, allentata la tensione, si srotolava allungandosi.  Con gesto secco della mano dal polso ben teso,

il cordoncino si riarrotolò  nella scannellatura del legno e conseguentemente lo jo-jo rosso, ridiscese attraverso il filo,  fino a raggiungere il pavimento, senza peraltro sfiorarlo.
 Scattò nuovamente verso l’alto sconvolgendo e mettendo in dubbio la legge fisica, che in altri momenti avrebbe avuto il sopravvento.
 La donna, il volto acceso per la concentrazione del gesto, aveva il corpo irrigidito e ben poco riusciva ad assaporare ora,  il gusto del possesso di quell’oggetto tanto desiderato e mai posseduto nell’infanzia .
 Il ungo  filo che si tendeva rimandava  in fugaci e frantumate immagini, la trepidazione  che aveva accompagnato allora, il percorso denso di aspettativa giù per disinvolte discese, e le delusioni della rinuncia che avevano accentuato la fatica delle risalite.
 Il ritorno al presente fu inasprito dallo stesso jo-jo di legno rosso che ora oscillava scomposto, dopo aver interrotto la sua corsa oramai senza senso. Si fermò ansimante e cominciò a tossire,

la gola seccata per lo sforzo sostenuto.
 Era arrivata in fondo al molo dove un piccolo faro per pescherecci oramai in disuso, esibiva  ostentandoli, i segni del suo decadimento.
 Si voltò sentendo le risa ed il vociare dei suoi inseguitori, mentre il cuore le spaccava il costato per lo sforzo e l’apprensione.
 Doveva ancora capire il perché fosse nato quello stupido gioco: era lì, ferma ad osservare un gruppo di suoi coetanei giocare a pallone, quando uno di essi forse stancatosi di rimanere in disparte, aveva gridato:-” Dai alla femmina … dai alla femmina”- e tutti di colpo, mentre prima non lo consideravano , gli avevano prestato attenzione come se non avessero aspettato altro fin quel momento, e fors’anche provocandolo volutamente.
 E era lui ora a condurre la partita. E con l’esaltazione che gli derivava dal quel cambiamento di condizione, trascinava il gruppo, la faccia arrossata dalla tensione e dall’arroganza.
  In egual modo, però, tutti pregustavano la spartizione della preda che, ficcatasi stupidamente ( e non poteva essere altrimenti ) in una situazione senza scampo, li guardava ora con aria strana. Astratta.
 E era forse per questo motivo che, mentre si stavano via via avvicinando a quello che era diventato l’ambito premio della corsa, il loro stato d’animo cambiava e non perché il gioco avesse perso il suo intenso sapore, bensì perché ora avvertivano improvvisamente un mutamento di tensioni.
 Ma non era certo la nuova sensazione che provavano ora,che li avrebbe fatto desistere, ci voleva ben altro a mutare l’obbiettivo oramai a portata di mano. Non riuscirono tuttavia a celare l’attimo di smarrimento nel momento in cui la videro  volgersi nuovamente verso il mare. Verso quello che per lei sarebbe stata la fine della corsa e per loro l‘inizio del divertimento.
 E è per questo che rimasero  come sospesi nell’atto del cogliere il bottino quando lei beffarda ed agile si dette una spinta con le reni e staccando i piedi dal molo con un tuffo degno di plauso, s’inabissò …
… nelle scomposte onde del pensiero.